Casa natale di Amedeo Modigliani

Casa natale di Amedeo Modigliani

La casa natale di Amedeo Modigliani si trova a Livorno, in via Roma numero 38, non distante dalla centrale piazza Attias. Qui, il 12 luglio 1884, nacque il celebre pittore labronico, quarto figlio di una famiglia appartenente alla numerosa comunità ebraica di Livorno.

Si tratta di una semplice palazzina ottocentesca su tre piani fuori terra. L’appartamento al primo piano, al cui interno è stato ricostruito l’arredamento dell’epoca, ospita una documentazione sulla vita di Modigliani (proveniente anche dagli Archives Légales di Parigi), come fotografie, documenti autografi. L’esposizione, curata dalla famiglia Guastalla, ripercorre la vicenda artistica e umana di questo grande artista livornese, protagonista delle avanguardie artistiche del primo Novecento. Sono inoltre organizzate, conferenze su argomenti artistici vari, con l’intento di incentivare gli studi su Amedeo Modigliani e sugli artisti con i quali lo stesso fu a più stretto contatto, diffondendo così la conoscenza della sua opera.

L’appartamento posto al primo piano è visitabile, nel periodo estivo, tutte le mattine.

Amedeo Modigliani

« La vita è un dono, dei pochi ai molti, di coloro che sanno e che hanno a coloro che non sanno e che non hanno. »

Amedeo Clemente Modigliani, noto anche con i soprannomi di Modì e Dedo (Livorno, 12 luglio 1884 – Parigi, 24 gennaio 1920), è stato un pittore e scultore italiano, celebre per i suoi ritratti femminili caratterizzati da volti stilizzati e colli affusolati. Affetto da tubercolosi, morì all’età di trentacinque anni. È sepolto nel cimitero parigino Père Lachaise.

Curiosità: 

Il ritrovamento delle sculture di Modigliani

I tre falsi

In occasione di una mostra promossa nel 1984 dal Museo progressivo di arte moderna di Livorno (oggi scomparso, ma all’epoca ospitato nei locali di Villa Maria) per il centenario della nascita e dedicata alle sue sculture, su pressione dei fratelli Vera e Dario Durbè si decise di verificare se la leggenda popolare locale, secondo la quale l’artista avrebbe gettato nel Fosso Reale delle sue sculture fosse vera.

Secondo la leggenda infatti nel 1909 Modigliani tornò temporaneamente a Livorno decidendo di scolpire alcune sculture che mostrerà poi presso il Caffè Bardi ad amici artisti, i quali lo avrebbero deriso consigliandogli di gettarle nel fosso. Dragando il canale nei pressi della zona di piazza Cavour, dove si trovava il Caffè Bardi, vennero ritrovate tre sculture rappresentanti tre teste.

I critici d’arte si divisero: da una parte Federico Zeri che negò subito l’attribuzione e dall’altra Dario e Vera Durbè, conservatrice dei musei civici livornesi, ed ancora Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi attribuirono le teste con certezza a Modigliani. Un mese dopo il ritrovamento, quattro studenti universitari livornesi si presentano alla redazione del settimanale Panorama dichiarando la burla e presentando come prova della falsificazione una fotografia che li ritrae nell’atto di scolpire una delle teste, ricevendo, come compenso per lo scoop, dieci milioni di lire.

La cosiddetta “testa numero 2” era opera loro, realizzata per burla con banali attrezzi prima di essere gettata nottetempo nel Fosso Reale e come prova mostrarono una fotografia che li ritraeva con la scultura. Di fronte alle perplessità suscitate, tre di loro furono invitati a creare in diretta un nuovo falso, durante uno Speciale TG1, al fine di dimostrare coi fatti la loro capacità di realizzarlo in “così poco tempo” (come riteneva invece impossibile Vera Durbè, la quale fino alla morte si riterrà convinta, almeno apparentemente, dell’originalità delle tre teste).

Successivamente, anche a seguito dell’invito rivolto in televisione da Federico Zeri, anche l’autore delle altre due “teste” uscì dall’anonimato; si trattava di Angelo Froglia (Livorno 1955-1997), un pittore livornese lavoratore portuale per necessità, il quale dichiarò che la sua non voleva essere una burla, ma che si trattava di «…un’operazione estetico-artistica – per verificare – fino a che punto la gente, i critici, i mass-media creano dei miti».

Ad avvalorare la posizione del Froglia vi era un suo filmato durante il quale scolpiva le due teste. Froglia, mentre scolpiva le pietre, realizzò anche il film Peitho e Apate… della persuasione e dell’inganno (Cerchez Modi), che suscitò l’interesse della critica al Torino Film Festival del 1984. Il Froglia successivamente dichiarerà di esser stato aiutato, nel gettare le teste nei fossi, da altre due persone: un pescatore con la barca e un dipendente del comune che fece scivolare in acqua le pietre.

Nel 2011 il regista Giovanni Donfrancesco ha realizzato il film documentario Le vere false teste di Modigliani che ricostruisce la vicenda. La disputa tra storici d’arte a proposito della originalità o meno delle teste e la prova dell’erroneo giudizio di taluni di essi, in particolare viene menzionato Giulio Carlo Argan, rappresenta uno degli episodi maggiormente citati nei “luoghi comuni” nei confronti dei critici d’arte.

Ancora oggi il discusso e controverso catalogo pubblicato in poche ore dopo la scoperta delle teste e presentato in esclusiva durante la mostra dedicata a Modigliani a Livorno voluta da Vera Durbè è in vendita come rarità presso l’editore Books & Company. Battezzato subito come il catalogo della “beffa di Modì” è diventato una rarità per amatori e costituisce una testimonianza molto concreta sulla labilità e le distorsioni che colpiscono spesso il giudizio della cultura ufficiale quando questa soccombe al sensazionalismo della novità a tutti i costi od al fremito dell’esclusiva editoriale.

Nel 2014 il cantautore pugliese Caparezza dedica una canzone alla vicenda nel suo album Museica.

Le ultime tre sculture ritrovate

Sette anni dopo, nel 1991, un certo Piero Carboni, carrozziere di Livorno, asserì di possedere tre autentiche sculture di Modigliani. Egli le aveva custodite nella propria officina senza darvi importanza, dicendo di averle recuperate dalla casa dello zio Roberto Simoncini durante la seconda guerra mondiale. La ricostruzione questa volta sembra possedere elementi di verità in quanto Modigliani nel 1909 aveva affittato una casa nelle vicinanze della casa dello zio del Carboni detto “il Solicchio” e rappresentato probabilmente da Modigliani in un suo dipinto.

Inoltre amici del “Solicchio” ricordano quelle sculture viste a casa e lasciate da un pittore partito per Parigi, che sarebbe diventato successivamente famoso. Le tre sculture rappresentano, anche questa volta, tre teste e sono già state battezzate: La bellezza, La saggezza e La scheggiata dal critico d’arte Carlo Pepi, al quale Piero Carboni le mostrò per primo, fiducioso della competenza dimostrata da quest’ultimo in occasione dei tre falsi del 1984. In quella circostanza infatti, Carlo Pepi era stato fra i primi ad accorgersi della contraffazione e non aveva esitato a definire “porcherie” le tre sculture ripescate quel giorno.

Fonte: Wikipedia

LivornoYoung

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